sabato 6 dicembre 2008

La forza di non usare uno scudo

Negli ultimi tempi mi è capitato più di una volta di lavorare con professionisti... come cliente, partner, committente. Nella totalità dei casi si trattava anche di bravi professionisti. Tuttavia più di una volta li ho visti commettere errori. Slittamento di tempi, informazioni non date, cadute di stile, risultati non rispondenti alle aspettative, errori di comunicazione e relazione... Tutti gli errori che si possono commettere lavorando.

La cosa che mi ha ha meravigliato è la reazione ad ognuno di questi errori. La reazione tipica che mi è capitato di sperimentare è quella di difesa, che descriverò chiamandola "il processo dello scudo". Avviene in cinque passaggi progressivi: 

- primo: negazione. Il problema viene negato, e per questo i fatti vengono distorti per darne un quadro positivo. (“è andato tutto bene”)

- secondo: giustificazione. Se si fanno notare i fatti oggettivi, l’altro trova motivazioni per dimostrarne la correttezza. (“in quel momento andava bene così”)

- terzo: distacco. Se si fanno presenti le conseguenze negative di un'azione, l'interlocutore si dichiara "sereno" facendo intendere che può vivere benissimo anche senza di noi ("sono tranquillo con la coscienza")

- quarto: aggressione. A fronte della nostra insistenza su ciò di cui non siamo contenti, l’altro ci ributta addosso la colpa (“piuttosto è a causa tua che..”)

- quinto: ribaltamento. Forma evoluta di aggressione: l’altro ribalta i ruoli mostrando il suo turbamento e istillando in noi il senso di colpa (“ci rimango male, perché tu…”)

 Queste sono le cinque fasi in cui lo scudo si alza fino a coprire del tutto la persona che lo utilizza.

 Il Fresh Thinking rifiuta tutto questo. Si può vincere con più forza senza scudo. Come?sostituendo la tecnica dello scudo con quella dell'esposizione. Pronunciando le uniche parole che non compaiono qui sopra: “E' vero, ho sbagliato”.

 La dinamica dello scudo si alimenta da sola. La difesa chiama un altro attacco, e questo richiede una difesa più elevata. L'esposizione “E' vero, ho sbagliato” invece rende inutile l’attacco e avvia verso la risoluzione del problema. E’ con questa posizione che si afferma la propria forza, non con lo scudo. E’che non ha bisogno di difendersi, ad essere veramente forte. Per essere forte, riuncia allo scudo e comincia ad esporti.


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2 commenti:

michele ha detto...

Mi metto dalla parte di chi alza lo scudo, come si determina l'oggettività dell'errore? Siamo sicuri che tutti gli attori in gioco hanno la stesa percezione delle azioni in corso? Per abbassare lo scudo occorre per tempo tarare e sincronizzare il metro di conoscenza, percezione e valutazione delle cose.
Mic

Diego Agostini ha detto...

Ciao Mic grazie per il commento. Apri un tema cruciale. Subito dopo aver scritto il post mi sono reso conto che l'unica cosa che non avevo chiarito è proprio questa: chi dice che sia stato l'altro a sbagliare? Detta in altro modo: qual è il parametro dell'errore? Non solo hai ragione ma vado anche oltre la tua considerazione: secondo me è impossibile che tutti gli attori in gioco abbiano la stessa percezione delle azioni. Mi riprometto di dare una risposta a questo punto con il prossimo post. Magari facendo anche un paio di esempi di cose che mi sono capitate.
Comunque quando vediamo l'altro che alza lo scudo una riflessione va fatta non solo sull'altro, ma anche su noi stessi: come abbiamo dato il feedback? spesso è la modalità che provoca l'innalzamento, più che il contenuto. sono perfettamente d'accordo con la riflessione sul tempo e la sincronizzazione... sono gli ingredienti che permettono di salvare il rapporto fra le persone, che ci siano stati o meno scudi!