sabato 29 novembre 2008

Sai tirare la cordicella?

Abbiamo portato a casa un bel palloncino rosso, che naturalmente è volato subito sul soffitto della sala. Filippo, che ha cinque mesi, lo guardava agitando le sue braccine ma naturalmente non riuscendo a prenderlo si è messo subito a piangere. Andrea invece ha preso una sedia e con un  po' di fatica, dopo qualche tentativo, è riuscito ad afferrare la cordicella e, tirandola, a prendere il palloncino.

Semplice? Certo. Ma ragioniamo un attimo: noi ci comportiamo spesso più come Filippo che non come Andrea. Se sostituiamo il palloncino con qualsiasi cosa possa essere desiderata, notiamo che la gente in generale passa il tempo a lamentarsi di quanto è difficile da raggiungere e quanti ostacoli ci sono. Quante volte abbiamo sentito qualcuno che si lamenta di uno stipendio che non arriva? Sta fermo a guardare il palloncino invece di guardare la corda che potrebbe permettergli di prenderlo.

Molto spesso la gente vede i palloncini ma non riesce a capire che per averli deve tirare una corda. Spesso non riesce nemmeno ad individuarla, anche se basta un po' di osservazione. E quando la corda viene individuata, spesso non sa come tirarla, nè fa un minimo sforzo per trovare un sistema per farlo. E se poi il sistema è stato individuato, non è detto che voglia fare la fatica di attuarlo. E quindi il palloncino rimane lontano. E via con le lamentele.

Ma allora cosa dobbiamo fare con i nostri desideri? Ciò che ha fatto andrea con il palloncino:

1. Individuare la corda
2. Trovare il modo di tirarla
3. Essere disposti a fare la fatica di tirarla.

E' l'unico modo per poterli realizzare. 



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sabato 22 novembre 2008

Prendi in prestito uno sguardo fresco

Un giorno il mio amico Giuseppe mi ha chiamato dicendomi: "Dovrei acquistare la mia barca nuova e vorrei un tuo consiglio". Rimasi basito: "Ma Giuseppe, io non ne so nulla di barche!" E lui: "E' proprio per questo che ti voglio con me. Spesso è chi non ne sa nulla che fa le osservazioni migliori". Io andai con lui ascegliere la barca, un po' perplesso. Giuseppe aveva fatto la sua scelta: una barca usata particolare che gli piaceva molto. Io avevo fatto qualche considerazione sullo scafo che lui aveva ritenuto secondaria. Aveva comunque chiesto la consulenza di un perito prima dell'acquisto.  Dopo qualche giorno mi chiamò: "Diego, vuoi sapere una cosa? Il perito ha fatto le tue stesse considerazioni, per cui non comprerò quell'imbarcazione!"

Incredibile? Fino ad un certo punto. Giuseppe sapeva bene il valore dello sguardo fresco. Chi è "dentro" nelle situazioni perde lucidità, obiettività, idee nuove. Rimane in una specie di gabbia in cui trova le sue sicurezze. Ci siamo tutti, in questa gabbia. E confondiamo la gabbia con il mondo. Ecco perché ogni tanto ci vuole uno sguardo fresco.

L'amministratore delegato di un'azienda commerciale mia cliente aveva varato un programma per pensare a come trasformare il business ed adeguarlo al futuro. Me lo presentava orgoglioso quando io gli chiesi: "E chi vi partecipa?" "Tutto il board dei direttori, naturalmente" mi rispose. Poi notò che non ero convinto. "E chi vi dovrebbe partecipare?" domandò curioso. "Semplice", risposi. "Chiamate qualche ragazzino tra i tredici ed i sedici anni, portatelo in un vostro negozio ed ascoltate i suoi commenti. E' lui il vostro cliente del futuro. Dovete guardare al vostyro business con i suoi occhi, non con i vostri. Fatevi fare domande. Quando sarete in imbarazzo, avrete cominciato a capire cosa dovrete cambiare".

Chiedete in prestito uno sguardo fresco, spesso non costa nulla e può valere molto.


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domenica 16 novembre 2008

Vuoi stupire? Chiudi bene i cerchi

Cosa significa "chiudere i cerchi"? Ricordi l'ultimo post, quello sull'accensione delle lampadina? Bene, quando qualcuno ti accende una lampadina, chiudere il cerchio significa fargli sapere che si è accesa e che cosa tu hai fatto di conseguenza. 

Giusto una settimana fa avevo acceso quattro lamapadine, scrivendo altrettante e-mail (per motivi diversi) a McDonald's, Corriere, Repubblica, Comune di Milano. 
Vediamo com'è andata.

Corriere della Sera: nessuna risposta
Repubblica: nessuna risposta
Mc Donald's: nessuna risposta
Comune di Milano: risposta tempestiva e azione di risoluzione del problema.

Dai giornali me lo aspettavo: non è prassi rispondere a tutti coloro che scrivono. Per ragioni di efficienza, carichi di lavoro e per la natura stessadell'organizzazione: al limite si risponde dalle pagine del quotidiano stesso.

La cosa invece che mi ha sorpreso, e che ritengo piuttosto grave, è che McDonald's abbia completamente ignorato la mia mail, che pure era positiva e ricca di suggerimenti. Fatto strano per chi si ritiene al top nella relazione con il cliente.

Ma il fatto veramente straordinario è il comportamento del Comune di Milano. Il giorno dopo l'invio della mail me ne è arrivata una di conferma, contenente informazioni sul processo che avrebbe seguito la mia segnalazione e della persona che l'aveva in carico. Tre giorni dopo è arrivata una telefonata con la spiegazione di ciò che ha determinato il problema (leggere il post del 9 novembre), con tanto di scuse. Poi il giorno seguente è arrivata una mail dettagliata con azioni effettuate, i nomi delle persone responsabili coinvolte, e la comunicazione che mi sarebbe arrivato a casa un omaggio... ed i ringraziamenti per aver collaborato segnalando un disservizio.

Stupefacente, no? Non ritieni che sia un esempio straordinario di come chiudere un cerchio? Ci sono rimasto veramente di stucco. Chi l'avrebbe mai detto che il comune di Milano è capace di gestire il cittadino meglio di quanto una grande multinazionale americana riesca a fare con il cliente?

Se vuoi stupire, chiudi bene i cerchi. E' quello che dopotutto sto cercando di fare anch'io, andandoti a raccontare com'è finita la storia delle lampadine-mail. Non c'è niente di peggio che rimanere in sospeso senza sapere se poi è successo qualcosa. E chi pensa fresco non vuole che i suoi interlocutori rimangano in sospeso, perché ci tiene, a loro.


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domenica 9 novembre 2008

Perché si accenda una lampadina

Oggi sono uscito di casa ed ho visto una via in stato di degrado. Poi sono stato con la mia famiglia in un Mc Donald's e nel tavolo vicino al mio alcuni clienti non presentavano un comportamento appropriato. Poi sono andato a visitare la mostra "Rock 'n' Music e pur avendo pagato 5 euro di biglietto, mi sono accorto che mi avevano dato un biglietto con scritto "omaggio, costo euro: zero".

Queste cose capitano a tutti noi, ogni giorno. Ed ogni giorno proviamo per queste cose sensazioni che vanno dal disgusto alla rabbia. "E che ci devo fare?" Ci chiediamo, spesso allargando le braccia. Pensiamo di non poter fare nulla e lasciamo correre. Ma è proprio per questo che tutto ciò accade. Perché non facciamo nulla.  Certo, c'è sempre qualcuno che dovrebbe fare qualcosa e non  fa. Ma chi è responsabile del fare qualcosa non farà nulla se non gli accendiamo in testa una lampadina. Se non premiamo un pulsante, la lampadina non si illumina. 

E' la lampadina del capire dove bisogna cambiare, che non consuma corrente ma richiede solo un po' di energia da parte di chi può e deve fare qualcosa.

Io non accetto di non poter fare nulla. Per cui le lampadine le accendo. Per la via degradata ho fatto una foto e l'ho spedita a Corriere e Repubblica. Per il fast food ho spedito una mail a McDonald's Italia. Per il biglietto della mostra ho scritto una mail al Comune di Milano.

Ho premuto tre pulsanti. Da qualche parte qualche lampadina si accenderà. Tempo perso? Forse, ma 15 minuti al massimo, in tutto. Non ne vale la pena? Pensa se tutti accendessero lampadine... Chi deve fare qualcosa può ignorare una lampadina, ma non diecimila. il mondo intorno a noi sicuramente cambierebbe. 

Dai, smettila di subire ciò che non ritieni giusto, e  accendi qualche lampadina anche tu!


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