domenica 20 giugno 2010

Via quelle rotelle!

Quando ho tolto le rotelle alla biciclettina del mio bambino, lui non è stato per niente contento. Anzi, è entrato in ansia. Le rotelle non abituano ad andare in bicicletta, perché bisogna solo pedalare e dirigersi con il manubrio. Se non ci fossero le rotelle il bambino cadrebbe. Ma lui è tranquillo: ci sono loro, e per questo non farà alcuno sforzo per sviluppare il senso dell'equilibrio.

C'è un solo modo per imparare veramente ad andare in bicicletta: avere paura di cadere. Sarà solo in quel momento che ci daremo da fare per stare in equilibrio. Risolvendo il problema, impareremo ad andare in bicicletta.

Le abilità più importati nella vita non si preparano: si producono sul momento del bisogno, quando sono necessarie. Ma quel momento mette ansia, e noi cerchiamo di respingerlo. Il mio bambino, la prima volta che ha sperimentato la bici senza rotelle, mi ha chiesto di rimettergliele. Se lo avessi fatto, non avrebbe mai imparato ad andarci. Ha dovuto quindi affrontare e superare la sua ansia.

Per questo chiediamoci: quali sono le rotelle che in questo momento mi sto tenendo? Come posso fare per smontarle? Sono disposto a vivere qualche inevitabile stato di ansia in più? Se saprò farlo, sarà assicurata la mia crescita personale.

Ecco perché ti dico: affronta proprio le situazioni che vorresti evitare. Lascia che ti levino le rotelle. Oppure toglile tu stesso. In ogni caso: via quelle rotelle!

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sabato 12 giugno 2010

Il campanello delle 3 erre

Ti sarà capitato di sentire suonare un campanello d'allarme, magari in qualche luogo pubblico. La reazione di solito è una pronta attivazione: si cerca di capire se sia capitato qualcosa di importante. Ma nella maggior parte dei casi il campanello suona per niente: magari qualcuno ha aperto inavvertitamente una porta d'emergenza.

Una cosa è certa: se il suono del campanello persiste, dopo un po' crescono il disagio e l'insofferenza. E' dunque opportuno disattivare l'allarme.

Ora, immagina che il suono dell'allarme rimanga attivato per ore, giorni. Non te la prenderesti con colui che lo dovrebbe disattivare? Non riterresti del tutto idiota lasciare suonare per niente un campanello?

Bene, sappi che con il campanello delle tre erre facciamo esattamente così. Il campanello delle tre erre è un campanello interiore, che si attiva non appena nella nostra mente si apre, anche inavvertitamente, una porta di emergenza. Poi però rimane acceso finché non lo disattivi.

Ma che cos'é questo campanello? Le tre erre sono tre sensazioni che già conosci: Rimorso, Rimpianto, Rammarico. Sono rivolte al passato, per cui del tutto inutili. La loro utilità è appunto quella dell'allarme. Si attivano nel presente per segnalare una situazione che potenzialmente potrebbe ripetere esperienze negative passate. Il loro ruolo è quello di evitarci di ripetere errori. Poi però basta: non servono più a niente. Il campanello va spento. E invece noi spesso stiamo li a rimuginare, a ripensare, a martoriarci. In questo caso il campanello non si spegne, rimane acceso. Inutilmente.

Ma come va spento il campanello? Semplice. Quando si attiva una delle tre erre (Rimorso, Rimpianto; Rammarico), se persiste significa che non stiamo lavorando per reagire alla situazione segnalata dall'allarme. Pertanto dobbiamo chiederci: perché si è attivato? Cosa posso fare, anche di minimo, per risolvere il problema attivato? Come per il campanello reale, anche per quello interiore la soluzione è una sola: l'azione.


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sabato 5 giugno 2010

La prova dei fatti.


Nel suo capolavoro Il giovane Holden Salinger descrive una situazione dove una donna si commuove fino alle lacrime in un cinema, durante la proiezione del film. Ma il protagonista avverte: se pensate che quella donna avesse il cuore tenero, vi sbagliate. "Io le stavo vicino, con lei c'era un ragazzino che si annoiava a morte ed aveva bisogno di andare al gabinetto, e lei non ce l'ha voluto portare. Continuava a dirgli stare fermo e di fare il bravo. Aveva il cuore tenero suppergiù come un lupo, accidenti".

Ecco la prova dei fatti. Al di là di ciò che la gente mostra, al di là di ciò che dice, al di là di ciò che ci appare, sottoponiamo gli altri alla prova dei fatti. Verifichiamo noi direttamente la realtà effettiva, prendiamone coscienza anche se non rientra nelle nostre aspettative e nel modo con cui siamo abituati a vederla.

Un amico dice che sei la persona che più stima al mondo ma non ti telefona mai? Il numero di chiamate è la prova dei fatti. Un cliente dice di stimarti immensamente ma utilizza altri fornitori? Quanto ricorre a te è la prova dei fatti. Un capo dice che sei bravo ma dà l'aumento a qualcun altro? Quanti soldi ricevi è la prova dei fatti. Un collega dice di apprezzare il tuo lavoro ma poi prende una decisione che ti penalizza? La decisione che ha preso è la prova dei fatti.

Noi spesso ci fermiamo a quello che ci appare, che ci dicono, che ci fanno credere. Reagiamo all'idea del comportamento dell'altro, non al comportamento effettivo. Perché? Perché spesso abbiamo paura delle conclusioni cui potremmo arrivare. Comincia a sottoporre l'immagine che hai degli altri alla prova dei fatti. Non giudicare tu: lascia giudicare a loro. Vedrai come rapidamente cambierai idea su molte persone.

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mercoledì 2 giugno 2010

L'antidoto per gli attacchi di rabbia

Chi non prova a volte attacchi di rabbia? Io ne ho provato uno ieri, in aereo. Nella fila accanto alla mia c'era un tizio che leggeva Il Giornale, noto quotidiano, nella cui prima pagina svettava il titolo "Israele ha fatto bene a sparare", giustificando una strage di pacifisti condannata in tutto il mondo e ritenuta inutile e sbagliata dagli Israeliani stessi. Avrei voluto prendere quel foglio e stracciarglielo in faccia.

Cosa fare quando siamo assaliti da attacchi di rabbia? Semplice: usare l'antidoto per la rabbia, e questa scompare. L'antidoto per la rabbia si chiama curiosità. Dobbiamo trasformare la rabbia in curiosità. Curiosità allo stato puro.

E così mi sono chiesto: "ma per quale motivo un giornale ha scelto di pubblicare un titolo così offensivo? Cosa avrà spinto il suo direttore ha esprimersi in modo così inutile? Per quale motivo hanno deciso si esporre se stessi ed il noto proprietario ad uno spettacolo così deprimente? E questo tizio, perché mai si beve queste notizie aggressive e manipolate?" Così invece di guardarlo con sospetto, cominciai a guardarlo con curiosità, con lo spirito di chi veramente vuole capire.

Proviamo rabbia quando non capiamo un fenomeno, non lo accettiamo e siamo impotenti di fronte ad  esso. In questo processo la rabbia subentra perché siamo nel ruolo degli attori, ma non possiamo agire. Bene, se non possiamo agire mettiamoci nel ruolo degli spettatori, e cerchiamo di capire. saremo immediatamente più sereni.

Così, più aumentava la curiosità più mi sentivo rilassato e più provavo, in fondo, un senso di pena per quel lettore, per quel direttore di giornale e per quell'editore.

La curiosità ha un grande vantaggio: porta sempre ad una risposta. Che sicuramente è serena, saggia, equilibrata.


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